sabato 31 maggio 2014

Tracce della particella J/Ψ già nel 1970

Figura 1 A sinistra, la sezione d'urto nella produzione di una coppia di muoni in funzione della massa, come riportata nell'articolo di Lederman del 1970. Si vede chiaramente la spalla alle energie di 3-3,5 GeV. A destra, il grafico che riporta la scoperta della J/Ψ nel 1974 ai Laboratori Nazionali di Brookhaven.

Le prime tracce della particella J/Ψ apparvero già nel 1970, ben quattro anni prima della sua effettiva scoperta. Nei Laboratori Nazionali di Brookhaven, Stati Uniti, dove era in funzione il proto-sincrotrone, erano in corso studi sulla produzione di coppie di muoni e, nel grafico che rappresenta l'andamento della sezione d'urto in funzione della massa, si vede chiaramente una "spalla" nell’intervallo di energie compreso fra 3 e 3,5 GeV. Quella strana "gobba", come la chiamerà Leon M. Lederman nel 1988, in occasione della Lecture che tenne per il conseguimento del Nobel, era proprio il segnale della particella J/Ψ. Nei Laboratori Nazionali di Frascati, dove era in funzione ADONE, non seppero nulla di questo articolo, o forse non gli diedero importanza.

L'articolo del 1970, "Observation of Massive Muon Pairs in Hadron Collisions", fu pubblicato su Physical Review Letters (vol. 25, n. 21, 1970) e firmato (fra gli altri) da L. M. Lederman, dei Brookhaven National Laboratory, e dall'italiano E. Zavattini, dei Laboratori svizzeri del CERN. Per la segnalazione di questo articolo, di cui non ero a conoscenza, devo ringraziare Stefano Marcellini, ricercatore INFN, con il quale sono entrato in contatto tramite il mio blog (e questo non può che farmi piacere). Nell'articolo si legge: "As seen both in the mass spectrum and the resultant cross section dσ/dm, there is no forcing evidence of any resonant structure".  Poi, dopo una serie di considerazioni sui metodi di analisi utilizzati, l'articolo prosegue: "Indeed, in the mass region near 3,5 GeV/c2, the observed spectrum may be reproduced by a composite of a resonance and a steeper continuum."

Come spiega Lederman nella sua Lecture del 1988, durante queste misure sulle coppie di muoni, tenute fra il 1968 e il 1969, i rilevatori in funzione presso il proto-sincrotrone di Brookhaven non avevano la risoluzione necessaria per individuare una risonanza stretta come quella della J/Ψ. Poi l'esperimento venne ripetuto nel 1974 dal gruppo guidato da Samuel Ting (Aubert et al., Phys. Rev. Lett. 33, 1404, 1974) con uno spettrometro magnetico basato su camere proporzionali a multifili. In questo modo, "the shoulder was refined by the superior resolution into a towering peak called the J particle."

Ebbene si, la J/Ψ è l'unica particella ad avere un doppio nome. Il motivo è che la scoperta proviene sia dal proto-sincrotrone dei Laboratori di Brookhaven, dove Samuel Ting la chiamò J, sia da SPEAR, l'anello di accumulazione per elettroni e positroni dell'università di Stanford, dove Burton Richter la chiamò Ψ. Da qui l'unione dei due nomi in J/ Ψ. La storia della scoperta di questa particella non fu affatto lineare e riserva tutta una serie di aneddoti e di ricostruzioni storiche che prometto saranno oggetto di un mio successivo post.

Cerchiamo ora di contestualizzare l'articolo di Lederman e Zavattini del 1970 da un punto di vista storico. ADONE, l'anello di accumulazione per elettroni e positroni di Frascati, "nato per andare a caccia di risonanze strette", come ricorda sempre Carlo Bernardini, era entrato in funzione nel dicembre 1969, dunque già da qualche mese. SPEAR, l'anello statunitense di Stanford, che  nel 1974 individuerà la J/Ψ parallelamente al proto-sincrotrone di Brookhaven, nel 1970 era ancora in fase di progettazione e sarebbe entrato in funzione solo nel 1972. Il 1970 è inoltre l'anno nel quale viene proposto (S. L. Glashow, J. Iliopoulos, and L. Maiani, Phys. Rev. D 2, 1285, 1970) il cosiddetto "meccanismo GIM" (dalle iniziali dei tre autori) e con esso viene ipotizzata l'esistenza di un quarto quark oltre ai tre già noti: il charm. Una stima sulla massa di un quarto quark era già stata avanzata da Ioffe & Shabalin (J. Nucl. Phys. 6 (1968) 603) che valutarono mc = 1,5 - 2 GeV. Questo significa che, già fra il 1968 e il 1970, l'esistenza di uno stato del charmonio, ovvero di una particella come la J/Ψ formata da un quark e un antiquark di tipo charm,  era ipotizzabile con una massa compresa fra i 3 e i 4 GeV. Inoltre l'articolo di Lederman e Zavattini, sempre del 1970, con un'evidente spalla proprio in quella zona di energia, avrebbe potuto fornire un'ulteriore prova della presenza di una risonanza.
Come ho già detto, SPEAR non era ancora entrato in funzione, a Brookhaven non avevano ancora un apparato sperimentale adeguato per l'individuazione di risonanze strette, e gli anelli di accumulazione entrati in funzione di Francia e Unione Sovietica non avevano energie sufficienti nemmeno per avvicinarsi alla produzione del charm. Gli unici al mondo che avrebbero potuto scovare la J/Ψ già dal 1970, sulla base di quanto detto fin'ora, erano i fisici di Frascati con ADONE. Anche se è bene ricordare che ADONE fu costruito con un'energia massima di 3 GeV nel centro di massa e, per questioni di sicurezza, lavorava ad un'energia massima di 2,8 GeV, mentre la J/Ψ ha una massa di 3,1 GeV. E' anche vero però, che non appena arrivò la notizia da Brookhaven della scoperta della J/Ψ, a Frascati decisero di forzare la macchina oltre soglia ed in soli due giorni anche ADONE individuò il limpido picco della risonanza.
Ho avuto modo di parlare con Carlo Bernardini qualche giorno fa, in occasione della presentazione del mio lavoro di ricerca alla libreria assaggi di Roma, dove mi ha confessato che lui non era a conoscenza dell'articolo di Lederman e Zavattini del 1970. E' inoltre noto che anche l'articolo di Glashow, Iliopoulos e Maiani venne praticamente ignorato fino al 1974, quando poi venne "riscoperto" per spiegare la natura della J/Ψ.
Le ricostruzioni a posteriori, certamente, da un punto di vista scientifico, lasciano il tempo che trovano. A decenni di distanza è normale che tutto appaia più limpido. La realtà è che, nel 1970, nemmeno Lederman e gli altri autori dell'articolo diedero importanza a quella "spalla", e all'esistenza del charm ancora non ci credeva quasi nessuno. Un'altra considerazione riguarda il meccanismo di circolazione delle informazioni di allora, che non è in alcun modo paragonabile a quello di oggi. La diffusione delle pubblicazioni scientifiche su scala globale non era immediata come lo è oggi grazie ad internet e di conseguenza non c'è da stupirsi se a Frascati non erano a conoscenza in quegli anni dell'articolo di Lederman.
Quella di ADONE rimane dunque una vicenda sfortunata. Prevedere l'esistenza di una particella come la J/Ψ era molto difficile, prevedere dove esattamente potesse essere era impossibile. Ma le ricostruzioni storiche servono anche a questo: a capire come i progressi della scienza, che a volte possono sembrare semplici e lineari, siano in realtà dovuti ad un intreccio di fattori scientifici, sociali, storici e pure geografici, che alla fine possono determinare la fortuna o meno di un esperimento. Fortuna oppure sfortuna. Come nel caso di ADONE.

Per approfondire:
1) ADONE: Storia dell'anello di accumulazione per elettroni e positroni
2) "The Rise of the Standard Model - Particle Physics in the 1960s and 1970s", Edited by L. Hoddenson, L. Brown, M. Riordan and M. Dresden, Cambridge University Press, 1997
3) "The Hunting of the Quark - A true story of modern Physics", di Michael Riordan, 1987

venerdì 23 maggio 2014

Con Carlo Bernardini e Giovanni Battimelli alla libreria asSaggi di Roma

Due giorni fa ho avuto il piacere di presentare la ricerca che ho svolto per la mia tesi di laurea alla libreria assaggi di Roma. Gioia ancora più grande è stato poterlo fare insieme a Carlo Bernardini, uno dei protagonisti di questa storia e che, come sempre, ci ha affascinato con i suoi ricordi ed i suoi racconti. E con Giovanni Battimelli, che purtroppo in questa occasione era completamente senza voce, ma non ha comunque mancato di dare il suo contributo e che ringrazio per aver organizzato l'evento (e per avermi condotto fino al termine del mio percorso di studi).
Abbiamo ricordato Bruno Touschek, il suo estro, la sua genialità. Bernardini ci ha lasciato senza fiato nel descriverci l'avventura della costruzione di AdA, il primo ed il più piccolo anello di accumulazione materia-antimateria che sia mai stato costruito. Io invece mi sono concentrato sul cuore della mia tesi e quindi su ADONE, la macchina che a Frascati ha preso il posto di AdA e che per un pelo non ha sfiorato la "rivoluzione di novembre" con la scoperta della particella J/Psi.
Se vi interessa e avete un'oretta da perdere, qui sotto ci sono i due video dell'incontro.

mercoledì 14 maggio 2014

Touschek e gli anelli di accumulazione a Frascati. La mancata "rivoluzione di novembre"


Mercoledì 21 maggio presenterò la ricerca che ho svolto per la mia tesi di laurea alla libreria assaggi di Roma. Avrò il piacere di farlo insieme a Giovanni Battimelli e Carlo Bernardini. Se siete interessati, intanto vi consiglio di leggere il Prologo della mia tesi. Se poi vorrete andare avanti, allo stesso link trovate il pdf scaribile. 
L'appuntamento di Mercoledì è alle 19:30 in via degli Etruschi 4.

Laboratori Nazionali di Frascati, 10 novembre 1974. Squilla il telefono, a rispondere è Giorgio Bellettini, Direttore dei Laboratori. "Abbiamo individuato una nuova risonanza. E' estremamente stretta e si trova a 3,1 GeV." La voce era quella di Sau Lan Wu, collaboratrice di Samuel Ting ai Laboratori di Brookhaven negli Stati Uniti. A Bellettini si gelò il sangue. Andò di corsa nella sala di sperimentazione e, dopo essersi consultato con Ferdinando Amman, il capo dei macchinisti, prese la decisione: "Dobbiamo rischiare. Portiamo Adone oltre la sua energia massima, fino a 3,1 GeV".

Fu così che, anche a Frascati, si individuò il limpido segnale di una nuova particella, chiamata J/Ψ, che di lì a poco avrebbe rivoluzionato la fisica delle particelle. Purtroppo però, i primi a varcare la soglia della "rivoluzione di novembre" non furono i fisici italiani, ma quelli che lavoravano negli Stati Uniti. Samuel Ting e Burton Richter vennero premiati con il Nobel per la fisica nel 1976. Agli scienziati italiani non spettò nessun riconoscimento.

Eppure, proprio a Frascati inizia questa storia. Era il marzo del 1960 quando Bruno Touschek espose la sua geniale idea: l'esplorazione della fisica delle alte energie tramite gli urti fra elettroni e positroni, "particelle civili", che da lì in poi avrebbero per lungo tempo soppiantato quella confusionaria "teppa adronica" composta dai protoni.



Dall'idea di Touschek nacque prima un prototipo, AdA, il primo Anello di Accumulazione materia-antimateria. Successivamente nacque Adone, l'acceleratore che, con 3 GeV nel centro di massa, detenne per qualche anno il primato di energia fra gli acceleratori terrestri.
Adone era nato per andare a caccia di risonanze strette, ovvero, di nuove particelle con un'elevata massa ma estremamente difficili da individuare. Di queste particelle, nello spettro di energie esplorabile da Adone, non v'era traccia. Ma la J/Ψ non era affatto lontana. Per scovarla, sarebbero bastati pochi passi oltre la soglia massima di Adone.

A quarant'anni dalla scoperta della J/Ψ e dalla "rivoluzione di novembre", che sancì la definitiva consacrazione del Modello Standard delle particelle elementari, torniamo a raccontare una vicenda che vede tante storie racchiusa in una. Quella di Bruno Touschek e della sua straordinaria vicenda umana e scientifica; quella degli scienziati e dei tecnici dei Laboratori di Frascati, per lo più giovanissimi, che hanno creduto e dato vita ad un'impresa inimmaginabile prima d'allora; quella del "miracolo scippato", dei "casi" Mattei, Ippolito ed Olivetti, del grande sviluppo scientifico e tecnologico di questo Paese, frenato da un intreccio di faide politiche interne e da ingerenze, pressioni e sabotaggi da parte di governi stranieri e potentissime multinazionali.
Un intreccio di vicende, sociali e scientifiche, assolutamente attuali, capaci di accompagnarci fino alle attuali sperimentazioni nel campo della fisica delle particelle e alle più recenti scoperte.

 Ne parliamo con:

- Carlo Bernardini, fisico teorico che ha contribuito alla nascita e allo sviluppo di AdA e Adone.
- Giovanni Battimelli, storico della fisica, professore Associato - Università "La Sapienza" di Roma
- Giorgio Sestili, autore della tesi di laurea in Storia della Fisica dal titolo "Adone: storia dell'anello di accumulazione per elettroni e positroni"


Mercoledì 21 maggio, ore 19:30
Libreria Assaggi - Via degli Etruschi 4 (San Lorenzo), Roma

giovedì 8 maggio 2014

L'alba di una nuova fisica?


Il tempo scorre per tutti gli abitanti della Terra allo stesso modo? Se qualcuno avesse posto questa domanda nel XIX sec. gli interlocutori avrebbero manifestato un certo imbarazzo perché avrebbero pensato di trovarsi di fronte ad un pazzo che pone domande senza alcun senso. Oggi sappiamo che lo "scorrere" del tempo non è affatto assoluto e che esso dipende dallo stato di moto del sistema che si vuol misurare. E' difficile da accettare, ma passato, presente e futuro non sono gli stessi per ognuno di noi. Così, da Einstein in poi, non si è più parlato di spazio e di tempo come di due entità assolute e separate tra loro, bensì di spaziotempo. La realtà che ci circonda è una realtà a quattro dimensioni ed il tempo non è altro che la quarta dimensione dello spaziotempo, che si va ad aggiungere alla tre dimensioni spaziali.

Ad un secolo di distanza dalla teoria di Einstein, alcuni cominciano a guardare oltre e si domandano: "Condividiamo tutti lo stesso spaziotempo?" Prima di dar loro degli squilibrati, cerchiamo di capire su che basi poggia il loro dubbio.

Proprio intorno a questa domanda ruotava l'incontro, che si è tenuto Martedì 6 maggio alla Libreria assaggi di Roma, con Giovanni Amelino-Camelia ed intitolato  "Nuove sfide sperimentali per la fisica fondamentale, alla scala di Planck".

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