Il tempo scorre per tutti
gli abitanti della Terra allo stesso modo? Se qualcuno avesse posto questa
domanda nel XIX sec. gli interlocutori avrebbero manifestato un certo imbarazzo
perché avrebbero pensato di trovarsi di fronte ad un pazzo che pone domande
senza alcun senso. Oggi sappiamo che lo
"scorrere" del tempo non è affatto assoluto e che esso dipende dallo
stato di moto del sistema che si vuol misurare. E' difficile da accettare, ma passato, presente e futuro non sono gli
stessi per ognuno di noi. Così, da Einstein in poi, non si è più parlato di
spazio e di tempo come di due entità assolute e separate tra loro, bensì di spaziotempo. La realtà che ci circonda
è una realtà a quattro dimensioni ed il tempo non è altro che la quarta
dimensione dello spaziotempo, che si va ad aggiungere alla tre dimensioni
spaziali.
Ad un secolo di distanza
dalla teoria di Einstein, alcuni
cominciano a guardare oltre e si domandano: "Condividiamo tutti lo stesso spaziotempo?" Prima di dar
loro degli squilibrati, cerchiamo di capire su che basi poggia il loro dubbio.
Proprio intorno a questa
domanda ruotava l'incontro, che si è tenuto Martedì 6 maggio alla Libreria assaggi di Roma, con Giovanni Amelino-Camelia ed intitolato "Nuove sfide sperimentali per la
fisica fondamentale, alla scala di Planck".
Per Amelino-Camelia, fisico teorico che si occupa di Gravità Quantistica, cioè quella parte
della fisica che tenta di unificare la relatività generale di Einstein con la
meccanica quantistica, fare Scienza significa innanzitutto "aprire nuove
finestre sul mondo", superare cioè i limiti delle percezioni sensoriali
dell'uomo e prendere coscienza delle
molteplici "inferenze ingannevoli"
che la natura continuamente ci presenta.
Esattamente come fa Carlo
Rovelli nel suo ultimo
libro, dall'inequivocabile titolo "La realtà non è come ci appare", Amelino-Camelia
descrive alcuni fenomeni presenti nella nostra vita quotidiana, privandoli
dell'inganno che la natura, a prima vista, potrebbe produrre. Così, guardando
una fantastica foto che coglie l'attimo in cui due fulmini colpiscono nello
stesso momento la punta di due grattacieli a New York, scopriamo che in realtà
la simultaneità tra quei due fulmini non è affatto assoluta ma è relativa
all'osservatore: dunque sono simultanei
per il fotografo che ha scattato la foto ma potrebbero non esserlo per una
persona in viaggio su un aereo.
La lunga lista di inferenze ingannevoli non riguarda solamente lo spaziotempo e la relatività di Einstein. Anche la meccanica quantistica ci riserva un gran numero di sorprese. Ad esempio, se avete di fronte a voi il muro di una casa con due finestre aperte e cominciate a calciare un pallone verso di esso, quello che può succedere è che il pallone passi attraverso una delle due finestre oppure rimbalzi contro il muro. Sembra la cosa più naturale del mondo, ma per un elettrone non è così. Un elettrone è capace di passare contemporaneamente attraverso le due finestre. E' forse questo un paradosso? No. E' la natura che funziona in questo modo e ci sono numerose conferme sperimentali a dimostrarlo. Fino a quando eravamo in grado di guardare solo le dimensioni di un pallone, e non quelle di una particella, tutto questo non si poteva saperlo.
Si arriva così al punto cruciale delle attuali ricerche in Gravità Quantistica. Il Modello Standard delle particelle elementari, affermatosi nel corso degli anni '70 e oggi verificato da moltissime osservazioni sperimentali (ultima fra tutte la scoperta del bosone di Higgs avvenuta al CERN nel 2012), spiega solamente tre delle quattro forze presenti in natura. Fra queste rimane esclusa proprio la forza gravitazionale, per la quale ancora oggi non esiste una meccanica quantistica coerente. Alcuni modelli teorici sembrano però suggerire che potrebbe esserci una scala metrica alla quale le quattro forze fondamentali potrebbero unificarsi. Si tratta di una scala piccolissima, detta scala di Planck, che però siamo ancora lontanissimi dal poter guardare. Per avere un'idea della piccolezza di cui stiamo parlando è sufficiente prendere un metro a nastro lungo 10 metri, srotolarlo completamente e poi dividerlo per un miliardo di un miliardo di un miliardo di un miliardo di volte. Si sono così raggiunti i 10-35 m della lunghezza di Planck. Se si considera che la più potente macchina acceleratrice attualmente in funzione, ovvero LHC ai Laboratori del CERN, è in grado di guardare a scale di 10-20 m, ci si rende conto di quanto siamo ancora distanti dalla scala di Planck. Mancano ben 15 ordini di grandezza.
Dunque, come arrivare alla scala di Planck posto che ciò sia possibile? Amelino-Camelia nel suo intervento ha detto che con le attuali tecnologie servirebbe un acceleratore di particelle grande quanto la nostra galassia per raggiungere quella scala di energia (l'energia di Planck è dell'ordine di 1028 eV). E' pur vero però che anche Enrico Fermi, nel 1954, fece lo stesso esercizio mentale e si immaginò l'energia massima raggiungibile da un acceleratore grande quanto l'intera circonferenza del pianeta Terra, che chiamò Globatron. Ebbene, l'estrapolazione di Fermi del 1954 portò ad immaginare un acceleratore con energia massima di circa 8 TeV, cioè ottomilamiliardi di elettronVolt. Questa energia oggi è stata raggiunta e superata con acceleratori, come LHC, lunghi qualche decina di chilometri. Questo potrebbe darci qualche speranza per il futuro? Quasi sicuramente no. La scala di Planck sembra davvero impossibile da raggiungere tramite acceleratori terrestri.
Come fare allora? L'idea
di Amelino-Camelia è senz'altro affascinante, anche se attualmente è
impossibile sapere se funzionerà o meno. Essa si basa su un'altra inferenza
ingannevole che questa volta, però, coinvolgerebbe lo spaziotempo. La realtà
che ci circonda e che a noi appare perfettamente fluida, potremmo dire
"liscia", è in realtà piena di increspature impercettibili.
Impercettibili fino a quando? Fino al momento in cui non si va a guardare
proprio alla scala di Planck. Se avessimo infatti un microscopio tanto potente
da poter guardare così a fondo, vedremmo
infatti una realtà completamente diversa da quella che percepiamo, e tutto
ciò che ci appare liscio e ben levigato apparirebbe invece scabro e pieno di
increspature. Proprio su questa "ruvidezza" dello spaziotempo fanno
leva gli esperimenti che cercano di misurare gli effetti della Gravità Quantistica.
Per spiegare il metodo seguito, utilizzerò la stessa analogia usata da
Amelino-Camelia.
Immaginate di avere cinque piccole macchine telecomandate tutte identiche tra loro. Posizionatele all'inizio di una pista rettilinea e perfettamente liscia e nello stesso istante di tempo fatele partire tutte con la stessa accelerazione. Il risultato non può che essere uno: le macchine, essendo identiche, arriveranno tutte insieme al traguardo. Adesso invece ripetete lo stesso esperimento su una pista male asfaltata, ruvida e piena di piccoli sassolini. Noterete subito che le macchine telecomandate, se hanno ruote abbastanza piccole da risentire dell'interferenza delle asperità della pista, non avranno più un andamento fluido ma cominceranno a saltellare e ad essere disturbate da una superficie così scabra. Il risultato sarà che esse non arriveranno più tutte insieme al traguardo. Chiaramente, se la pista è molto corta, l'effetto di ritardo di una macchina rispetto alle altre sarà difficile da misurare. Ma se è molto lunga, gli effetti di disturbo su ogni macchina si cumuleranno e al traguardo la differenza di arrivo sarà notevole.
Ebbene, per tornare agli esperimenti
reali di Gravità Quantistica, i fotoni
che viaggiano nello spaziotempo saranno le nostre auto telecomandate e la
distanza che separa altre galassie
dal nostro pianeta sarà la pista su cui questi fotoni gareggeranno. Abbiamo
bisogno però di un altro ingrediente: nel caso delle nostre auto telecomandate,
siamo noi a posizionarle nel punto di partenza e a dare il via. In questo modo,
le auto non possono barare e sono costrette a partire contemporaneamente, pena
l'esclusione dalla gara. Come facciamo, nel caso di fotoni che viaggiano da
miliardi di anni luce di distanza, a sapere che sono partiti tutti allo stesso
momento, dallo stesso punto, e che nessuno di loro stia barando? Abbiamo
bisogno di un evento particolare, che in astrofisica si chiama gamma ray burst, ovvero un'esplosione improvvisa di raggi gamma,
cioè di fotoni ad altissima energia. Un fenomeno di questo tipo è stato
osservato nel 2009, proveniente dalla galassia MRK421.
L'obiettivo dunque è
quello di misurare, tramite opportuni rilevatori, lo sfasamento di questi
fotoni al loro arrivo sulla Terra. Serviranno apparati sperimentali di
elevatissima precisione ma, soprattutto, servirà un'altra esplosione di raggi
gamma in qualche galassia distante miliardi di anni luce da noi. "Sto aspettando un altro gamma ray
burst" annuncia sorridendo Amelino-Camelia che poi aggiunge "e se poi troviamo questi effetti di
sfasamento tra i fotoni, non verrò qui a raccontarvelo".
In realtà questo sfasamento per adesso non è stato misurato ed i fotoni arrivano perfettamente tutti insieme sulla Terra dopo un viaggio durato miliardi di anni. I dati sperimentali ricavati finora sembrano dunque suggerirci che lo spaziotempo sia lo stesso per tutti. Ma la precisione degli apparati sperimentali non è ancora adeguata ed in futuro non è detto che non si possa registrare questo effetto di sfasamento. Questo è l'obiettivo di una parte delle ricerche in Gravità Quantistica.
Se un giorno questa
ipotesi sarà confermata sperimentalmente allora dovremo prepararci ad una vera
e propria rivoluzione scientifica,
al pari di quella che si ebbe con Einstein. Potremmo allora approdare a quella
che Amelino-Camelia definisce la teoria
della relatività doppiamente speciale, una teoria in cui "la scala di Planck ricopra un ruolo
analogo a quello della velocità della luce per Einstein, per esempio tale da
far sì che l’impulso di una particella fondamentale non possa eccedere un
valore limite fissato nella scala di Planck, indipendentemente dall’osservatore”[1].
A questo punto, la domanda "condividiamo tutti lo stesso
spaziotempo?" avrebbe un senso enorme. Eccome se lo avrebbe!
[1]
Amelino-Camelia intervistato da Wired.it (http://daily.wired.it/news/scienza/2012/01/20/intervista-amelino-camelia-festival-scienze-einstein-14323.html?page=1#content)
posso solo complimentarmi per la chiarezza e la seriatà dell'esposizione. Non posso andare oltre
RispondiEliminaTi ringrazio davvero.
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